il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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339573 commenti | 64212 titoli | 25483 Location | 12671 Volti

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  • Film: La cieca di Sorrento (1953)
  • Luogo del film: La locanda nella quale Oliviero Pisani (Campbell) prende alloggio dopo essere giunto a Sorrento
  • Luogo reale: Via Umberto I 39, Poli, Roma
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  • Film: Facciamo paradiso (1995)
  • Luogo del film: Il cimitero dove viene sepolto Bertelli (Noiret) , padre di Claudia (Buy)
  • Luogo reale: Cimitero di Montevecchia, Via Belvedere, Montevecchia, Lecco
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Massimo Ferroni D'Andrea

    Massimo Ferroni D'Andrea

  • Cristiana Palazzoni

    Cristiana Palazzoni

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Anthonyvm
La giovane bibliotecaria Aurora (Roe) è appassionata di delitti irrisolti: la scoperta di un teschio nella casa appena ereditata solleticherà il suo spirito investigativo. Prima avventura televisiva della detective per caso creata da Charlaine Harris, che impiega naturalmente parte del minutaggio per le dovute presentazioni dei protagonisti. I tempi brevi impediscono particolari approfondimenti (caratteriali e narrativi), assecondando una frivolezza da programma easy-watching comunque in linea con l'assetto da giallo rosa. Qualche passaggio un po' stringato, ma complesso accettabile.
Commento di: Giùan
Molto buono e per certi versi sorprendente, considerando il soggetto di King non esaltante sul piano letterario e di malagevole approccio cinematografico. Pavia invece manifesta una particolare tigna nella ricerca "fuori tempo" di un mood visivo anni '80 che in qualche modo "retrodata" il film rendendolo più vicino alle elucubrazioni "nosferatuesche" del volatore notturno. Lo stesso discorso sul cinismo "scandalistico" capace di vender l'anima al diavolo, per quanto non nuovo e approssimativo, trova olezzi di sgradevolezza villerecci ma sinceramente malsani. Che volto Miguel Ferrer!
Commento di: Noodles
La storia giudiziaria e il suo squallore li conosciamo tutti. Giuliano Montaldo, pur girando un film piuttosto didascalico e attenendosi ai fatti, dota i due personaggi principali di anima e di passione, superando così una certa staticità in regia. Su Gian Maria Volonté i complimenti sono finiti, Riccardo Cucciolla mostra qui tutto il suo grande talento in quello che forse è il suo ruolo migliore. Ottime intro e outro in bianco e nero, che segnano una vicenda che non andrebbe mai dimenticato, oggi più che mai, soprattutto da noi italiani. Bella la colonna sonora di Morricone e Baez.
Commento di: Cerveza
Qual'era la direzione? Giallo? Drammatico? Black-comedy? Grottesco? Satirico? Mistery? Fantamedico? Si accennano e abbandonano molteplici registri, ognuno dei quali forzato e inverosimile. Si rimbalza dalla bella faccia da commedia di Adorf, allo scienziato pazzo; dalle crudeli leggi dello show business, alla bizzarra recitazione fuori giri della pseudo-Fedora (per fortuna era sotto sedativi). Ma il peggio s'innesca con il prolisso spiegone che parte incredibilmente a metà film, trasformandolo in un pedante resoconto in flashback del quale si può salvare solo la cura estetica.
Commento di: Myvincent
Il tema dell’emigrazione e del sentirsi soli ed estraniati nelle cosiddette civiltà progredite occidentali è caro a Fassbinder, che qui racconta la storia di una coppia “scandalosa”. Lei è una donna in età pensionabile, lui un marocchino più giovane. Insieme percorreranno un terreno accidentato e ancora più isolato, finché non sarà lui a essere corrotto dai modelli opposti ai suoi. In realtà il racconto scivola in continuazione su contenuti volutamente sfumati e ambigui, mentre il finale sembra aprirsi a un qualche ottimismo.
Commento di: Cotola
Capolavoro assoluto la cui fama è strameritata. La sceneggiatura sa mescolare alla perfezione avventura, dramma e fantastico, coniugando grande e divertente intrattenimento con temi sempre attuali, su tutti l'avidità e l'arroganza umana che portano a sacrificare ogni cosa per il profitto. Ma le letture possono essere molteplici. Vedendolo però è difficile non capire che parla di noi, del nostro essere umani. Spettacolare ed emozionante: chissà che emozioni provarono in sala a quei tempi. Alcune scene restano iconiche ancora oggi. Gli effetti speciali per l'epoca erano incredibili.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Tratto da una storia vera, il film racconta il processo che vide contrapposti un agricoltore canadese settantatreenne, Percy Schmeiser (Walken), e la multinazionale Monsanto, che lo accusava di usare nelle sue coltivazioni di colza gli speciali semi OGM brevettati. Percy non li aveva mai acquistati, ma evidentemente qualche contadino vicino ne aveva perso qualcuno per errore sui suoi possedimenti facendo crescere piante più resistenti. La Monsanto, accortasi della cosa, denuncia Percy, il quale si rifiuta di pagare (benché abbia intuito che per qualche motivo i suoi semi devono essere...Leggi tutto stati effettivamente modificati) né capisce come quelli possano pretendere da lui dei soldi.

Considerando i mezzi finanziari pressoché illimitati di una multinazionale è la battaglia di Davide contro Golia ("Percy vs. Goliath", non a caso, è uno dei titoli alternativi), che Percy decide di condurre a fianco di un giovane avvocato locale (Braff) non del tutto convinto di poter combinare qualcosa di utile, nello sfidare un avversario tanto potente. Con il nostro eroe, tuttavia, si schiera a sorpresa un'associazione che combatte gli OGM e gli garantisce la copertura di molte spese con la speranza che una decisione favorevole possa segnare un importante precedente. L'eco del caso si allarga a macchia d'olio e - nonostante un argomento a prima vista piuttosto ostico - conquista l'opinione pubblica, in attesa come noi di capire quale sarà la decisione finale.

Il processo tuttavia occupa meno spazio di quanto si possa pensare. Benché non manchino, i passaggi in aula sono spesso risolti con una certa sbrigatività per lasciare spazio al dramma di Percy, al suo rapporto con l'anziana moglie (Maxwell) e a quello con Rebecca (Ricci), che in ogni modo cerca di convincerlo a concedersi di più alla stampa per aiutare anche loro ad avere la giusta visibilità in modo da poter raggranellare il denaro sufficiente senza il quale Percy non potrebbe nemmeno pensare di difendersi.

Walken contadino non è facile da immaginare, e infatti al di là di qualche passaggio in Dodge tra i campi, qualcuno tra le colze che colorano di giallo e verde gli sterminati paesaggi naturali, resta sempre piuttosto distante dalla dura vita agreste, con quell'aria superiore concessagli da una costante militanza nel cinema di alta qualità e uno degli sguardi di ghiaccio più riconoscibili che si conoscano. Il suo personaggio, nella bonaria ritrosia a socializzare con gli estranei, ne riflette l'onestà interiore, la rettitudine morale che riesce difficile da poter credere condannata. La sua avventura però, che prevede addirittura una trasferta in India organizzata da Rebecca per sensibilizzare il mondo intero dell'agricoltura al suo caso, appare descritta con una certa superficialità, senza approfondire davvero nessuno degli spunti offerti dal soggetto.

Una sceneggiatura poco incisiva, una regia che sbriga la pratica senza grande entusiasmo, limitandosi a lavorare correttamente. Si attendono le decisioni dei giudici così come quelle di Percy, che sua moglie si dice sempre convinta siano quelle giuste, a prescindere. Un po' di tenerezza nei confronti dell'età, di discorsi pubblici che nella loro semplicità toccano le corde giuste, ma il coinvolgimento è relativo e l'asetticità della messa in scena non aiuta.

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Il titolo dice molto: gli uomini restano ai margini; gli unici ad avere una parte appena significativa sono il vicino veterinario (Williams) e due delle star dell'Avanzi di allora, Corrado Guzzanti e Stefano Masciarelli; per il resto, nella casa di campagna di Beatrice (Garello), trovano posto solo le sue due amiche Laura (Scaffidi) e Fiammetta (Maneri) giunte lì in visita con le relative figlie. Queste ultime, raggiunto il figlio (Gensini) di Beatrice, ne constatano subito il carattere un po' da sbruffone quando il ragazzino mostra loro i muscoli chiedendo di farsi chiamare Schwarzy...Leggi tutto in onore al grande divo del cinema di quegli anni.

Se da una parte, quindi, i tre bambini se ne vanno da soli per i vicini campi facendo reciproca conoscenza, dall'altra le tre amiche si confessano i rispettivi problemi sentimentali: Beatrice è vedova da tempo, Fiammetta ha appena beccato il marito (Masciarelli) con Patrizia (Berni), una bonona tutta curve, Laura è separata dal suo uomo (Scalera) ma ne è ancora innamorata.

Tra un pasto salutista e l'altro (Beatrice è vegetariana e prepara papponi e zuppe lasciando abbastanza perplesse le altre due), le donne affrontano i loro problemi pensando soprattutto a consolare Fiametta, il cui dramma è fresco e rinnovato a sorpresa dall'arrivo al casolare proprio della bella modella con cui aveva sorpreso il marito. E' venuta, dice, per parlare con Fiammetta, che non conosce, ma l'interessata non pare assolutamente intenzionata ad ascoltarla, convinta che sia solo una donnaccia da evitare. La poveretta sembra invece una ragazza semplice, giunta lì insieme a un coatto terrificante (Guzzanti) che sbraita in totale spregio all’educazione.

E’ proprio l'entrata in scena di un Guzzanti piuttosto in forma e disgustosamente berciante a vivacizzare l'unica fase in cui il film mostra una timida accelerazione azzeccando qualche gag. Pur in amichevole partecipazione e presente in scena per soli venti minuti (entra e se ne va insieme alla Berni), il simpatico comico lascia il segno ricordandoci quanto fosse al tempo una vera forza della natura. Verrà nel film "sostituito" poco dopo da Masciarelli, che raggiunge a sua volta il casolare tentando di riappacificarsi con la moglie, ammorbidita dalle sorprendenti rivelazioni di Patrizia.

La regia dal tocco molto femminile di Martina D'Anna cerca di tenere in piedi una sceneggiatura (di Federica Martino) non proprio esemplare e lo fa senza infamia e senza lode, ottenendo un film che non fa male a nessuno, non sgradevole ma inoffensivo, ben poco significativo anche nella figura del padre (Williams) di un quarto ragazzino che abita nei pressi e che gli altri tre scambiano per un extraterrestre per via della grossa cuffia con antenne che tiene in testa. L’uomo si avvicina con un sorriso costantemente stampato in volto a Beatrice e la invita a vedere al cinema l'ultimo film di Woody Allen (OMBRE E NEBBIA, date d’uscita alla mano), ma i dialoghi tra i due non decollano mai...

Le musiche placide e il clima campagnolo caratterizzano il film, i bimbi risultano meno antipatici e più spontanei del previsto, per quanto tocchino loro frasi modeste e si dilettino a preparare un afrodisiaco fatto in casa per avvicinare Beatrice e il veterinario ("Schwarzy" vuole un nuovo padre ad ogni costo...), ma nel complesso è difficile lasciarsi coinvolgere da un'opera piuttosto fredda e che a tratti ricorda un po' troppo certe fiction televisive.

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Per girare un film intero nello stesso ambiente ci vuole una sceneggiatura di ferro, figurarsi per comporre una serie in sei puntate! E infatti l'operazione si fa presto faticosa da seguire, anche per colpa del solito rimpallo tra presente e passato complicato da rimbalzi ulteriori che rimescolano il racconto della superstite di una disgrazia. Questa è Maggie Mitchell (O'Donnelly), giovane medico parte della spedizione che avrebbe dovuto trascorrere i sei mesi invernali all'interno della stazione Polaris VI in Antartide per alcune ricerche a quanto pare non rinviabili. Qualcosa...Leggi tutto però va storto, e Johan Berg (Willaume), il marito di Annika (Bach), ricercatrice che aveva scelto di rimanere alla Polaris, fa ritorno in anticipo con una squadra perché da troppo tempo non aveva notizie della moglie.

Infatti, una volta entrati nella Polaris VI, i nostri hanno una brutta sorpresa: cadaveri in quantità e Annika che non si trova da nessuna parte. Dov'è finita? E soprattutto: cos'è successo lì dentro? Pagato il doveroso tributo a Carpenter col gruppo a seguire in tv LA COSA, la serie prende il vero avvio quando Maggie sbuca fuori, urlando, dal mobiletto entro cui si era nascosta. E' sotto shock, ma quando si riprende comincia subito a raccontare. Quello che rivivrà in flashback sarà quello che noi stessi andremo a scoprire passo dopo passo, anche con l'aiuto di un secondo superstite, Arthur Wilde (Lynch), uno scienziato dall'aria un po' losca che mette subito in cattiva luce la povera Maggie insinuando come lei non sia quello che dice di essere. Poco conta però, perché per il momento è bene fare ordine su quanto è accaduto, notando come si inneschi un meccanismo alla "Dieci piccoli indiani" con un presunto colpevole nascosto tra gli ospiti della stazione che cominciano a morire uno dopo l'altro. Non si tratta tuttavia di misteriosi delitti ma, a quanto pare, quasi sempre l’opera di una mano ben visibile.

All'interno dei flashback rivissuti grazie alla memoria di Maggie ne partono poi a sorpresa di ulteriori che riguardano la spedizione precedente in una differente stazione, la Polaris V, durante la quale si era registrata la morte di uno dei componenti, tale Sarah Jackson (Wehrly), in circostanze quantomeno sospette. L'interpolazione tra i due diversi periodi rischia di creare non poca confusione, ma è anche la testimonianza di un soggetto che, con una sceneggiatura più curata e un minimo di linearità, avrebbe potuto risultare molto più godibile.

Invece i particolari del tutto improbabili non si contano, così come improbabili appaiono certi personaggi (in primis il ricercatore, che oltre a non raccontare mai alcunché di relativo alle sue mansioni, ha una faccia che tutto si direbbe tranne quella di un uomo di scienza). E se non improbabile, anche il resto del cast non entusiasma: o sono figure del tutto anonime (Ramon, Aki, Rachel...) o antipatiche e stereotipate senza fantasia alcuna. Le banalità si sprecano e la gran quantità di riempitivi portano le prime puntate a concludersi con un nulla di fatto o quasi. Ci vuole un bel po' per ingranare e soprattutto per capire che sì, una storia dietro c'è e prevede anche un buon colpo di scena in coda. Ma andava sostenuta da una regia capace di smuovere meglio la palude in cui rischiano sempre di finire i film ad ambiente unico. Se non altro l'epilogo chiude senza portarci a pensare che siano necessarie ulteriori stagioni…

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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